Le Ocarine

quando chi scrive è un'oca

Vincent van Gogh, La lettrice di romanzi, 1888


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Quando non scrivi poesie e non mi porti a letto

Musica consigliata: Che coss’è l’amor?, Vinicio Capossela 

Vincent van Gogh, La lettrice di romanzi, 1888

Vincent van Gogh, La lettrice di romanzi, 1888

Charles Bukowski scriveva poesie solo per portarsi a letto le ragazze. Efficacia commerciale del titolo o sintesi del pensiero dello scrittore? Questo non spetta a noi dirlo.

È tuttavia possibile fare una considerazione. Sarà capitato certamente a qualcuna tra le nostre lettrici o a qualche affezionato lettore di dire o di sentirsi dire una frase analoga senza aver palesata la motivazione del gesto: “Sai, caro/a, io scrivo poesie”. Che l’animo del nostro/a sia sensibile e di natura votata alla poesia è un’ipotesi probabile, quanto pariteticamente maliarda e focalizzata alla realizzazione delle subordinate. Chi tra i nostri followers può dire di aver mai letto una di quelle poesie? Possiamo supporre che dopo la collezione di farfalle e in virtù della mancata frequentazione di un entomologo, quella sia una scusa da gigolò moderno (per il post moderno rivolgersi a Richards Gere), certamente più vicina al sesso maschile per voce narrante della medesima.

Che il fine giustifichi il mezzo o che il mezzo ci regali anche il fine sono esperienze di piacevole vissuto personale, forse da ricordare un giorno tra le avventure meritevoli di citazione. Quanto ci interessa sottolineare non è la naturale predisposizione femminile verso i maledetti farfalloni e donnaioli, anche se di soggetti che abbiano questo reale carisma ve n’è in giro sempre un numero così scarso da invocare una petizione ambientalista. Ma l’uso di uno strumento di comunicazione che non sia la frase pre-composta, standardizzata da social network, da archivio finlandese di sms per approcciarsi all’altro.

Se intanto vi siete fatti belli e scaltri delle nostre passate raccomandazioni sull’amore e l’approccio online, iniziate ad abituarvi all’idea che ragazze come Le Ocarine non apprezzano per nulla il tanto freddo ed impersonale “Ciao disturbo?”, tipico approccio da chat istantanea nei siti di dating.

Charles Bukowski.


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Scrivo poesie solo per portarmi a letto le ragazze

Musica consigliata: Sea of Love, Tom Waits 

Tom Waits ha detto: «Dalle sue dita uscivano carbone e diamanti. Con questo libro si fa il pieno di Bukowski. Leggete e piangete. Sfogliando le pagine di questa raccolta si sente il ticchettio furioso e disperato della macchina da scrivere del vecchio Hank»

Charles Bukowski.

Charles Bukowski

Scrivo poesie solo per portarmi a letto le ragazze, di Charles Bukowski, Feltrinelli, 2012.

È questo il titolo dell’antologia postuma pubblicata sull’omonimo poeta, uno scrittore maledettamente romantico: alcool, sesso, violenza, malattie, un temperamento forte e quanto in più potete immaginare su di una figura che ha cavalcato abilmente le note alte e quelle infime della vita. Racconti asciutti, immediati, diretti, alcuni macabri, altri senza una fine apparente, struggenti come l’amore intenso o ironici come una battuta sui vizi incompresi di vostra moglie. Certamente non edulcorato, non patinato, forse aggressivo e innamorato delle sue miserie e maledizioni quanto di ogni momento di felicità fugace. Inserito nel contesto della controcultura degli anni sessanta, della Beat Generation,  in questa antologia si alternano scritti energici, spontanei, crudi, basati spesso, molto spesso, sul vissuto personale o su reali fatti di cronaca del tempo, con un stile cinico, divertente o macabro.

«Quelli più in gamba con la poesia sono quelli che sentono il bisogno di scriverla e continueranno a scriverla nonostante i risultati. Perché se non lo fanno accadrà qualcos’altro: omicidio, suicidio, pazzia, dio solo sa cosa. L’atto di scrivere la Parola è un atto miracoloso, la grazia salvatrice, la fortuna, la musica, quello che fa andare avanti. Mette in ordine tutto, chiarisce le stronzate, salva il culo e te a molti altri. Se per caso arriva la fama grazie a questo, devi ignorarla, devi continuare a scrivere come se il prossimo verso fosse il primo».

(Fingo di essere un poeta, op. cit. pag 307)