Le Ocarine

quando chi scrive è un'oca

Tom Wesselmann, Monica Nude with Matisse


6 commenti

Il cacciatore di patata

Musica consigliata: L’ormonauta, Renato Zero

Tom Wesselmann, Monica Nude with Matisse

Tom Wesselmann, Monica Nude with Matisse

Oggi è giovedì e giovedì gnocchi, dice il detto. Qui non parliamo di cucina, ma dagli gnocchi traiamo ispirazione per il nostro tour orizzontale di personaggi verticali. Gli gnocchi prevedono come ingrediente principale la patata e noi oggi parliamo di lui: il cacciatore di patata. No, non è un cane da tartufo, no non è colui che partì con Colombo e che poi ci ha colonizzati al contrario con l’ortaggio fritto, lesso, arrosto, al cartoccio e via di patata culinaria discorrendo.

Il cacciatore di patata è colui che entra nei siti di dating per cercare un contatto ravvicinato con il prelibato ortaggio nel momento in cui esso evoca il sesso femminile nella sua parte più prelibata. Lo riconoscete subito: il profilo è spoglio, nessuna informazione e nessuna foto, già il nick-name potrebbe essere indicativo di quella speranza. Alcuni casi rari parlano di profili dettagliatissimi, con foto e passioni più o meno reali e rispondenti. Lo standard prevede un numero esile di informazioni e pochissimi dettagli, perché il cacciatore di patata è spesso impegnato, quindi necessita di essere in incognito, o spesso punta più all’ortaggio che non al contorno di campagna per giungere, speranzoso, nei vostri remoti accessi.

Avvertimento ai lettori, non condanniamo o disprezziamo la caccia e la ricerca di passioni erotiche e avventure sessuali, di sveltine da traditori o della volontà ad essere il trespolo di matrimoni stanchi. Ciascuno agisca secondo quanto crede e sente. Come spesso ricordato, la ricerca è un’attività faticosa, pensate all’ago e al pagliaio, e non sempre questo tipo di indagine è più semplice rispetto a chi conta di trovare un sentimento relazionale stabile. Anche in tal caso occorre passione e perizia da parte del cacciatore. Continua a leggere

Foto di Jianmin Huang, http://jimmyontherun.wordpress.com/


5 commenti

Mio nonno

Musica consigliata: Love me or Leave me, Nina Simone

Mio nonno com’era? 

Non me lo ricordo bene, ma associo a lui l’idea di un uomo di altri tempi.
Un po’ come parlare delle mezze stagioni, nessuno le ha mai viste ma tanto ci piacciono e rassicurano. Non conosco i dettagli del suo primo matrimonio, so che il secondo fu di necessità in seguito alla vedovanza dal primo. Mio nonno ha fatto la seconda guerra mondiale, è stato nei campi di prigionia e di certo ha sofferto la fame e tantissima povertà, si è spaccato la schiena nei campi. Aveva il vizio delle sigarette e del vino. I miei zigomi alti e il mio naso si devono a quella parte della famiglia, quella da cui derivo il cognome.
Non so se fosse un uomo rude o violento. So che con me, piccola seccatrice di una nipote, bastava uno sguardo per rimettermi sull’attenti o al contempo si lasciava usare come un gioco nelle rare fotografie che abbiamo insieme. Sicuramente aveva anche lui brutture e difetti.
Associo al mio avo e in parte anche a mio padre l’idea di coraggio che si narra avessero gli uomini un tempo. Quelli che partivano in cinque su una vespa per andare a conoscere mezza ragazza nel paese accanto. Quelli che una gonna faceva festa. Quelli che ci provavano anche con il comodino del paese. Quelli che l’estate sapeva di film in bianco e nero. Quelli di “Poveri ma belli”. Quelli che facevano la corte. Raccontano alcune di essersi sposate per smettere quell’assillo: “te lo trovavi dovunque, sottocasa, alle feste, dietro l’angolo, alla fine capitolavi e arrivavi all’altare”.
Certo non una motivazione degna di San Valentino, ma chiaro esempio di costanza, tenacia e azzardo. Con una sottana ci si provava, fosse essa stata lo sfogo ormonale di una volta, fosse essa stata la madre dei futuri pargoli. C’era sempre un’esperienza di vita peggiore di un rifiuto femminile.
Si faceva l’amore, si smetteva di lavorare e si faceva l’amore. Si lasciavano i campi, si spegneva la manovia, ci si preparava la domenica per andare a trovar la bella a casa. I termini erano più accesi e passionali, si diceva appunto “andare a far l’amore”, ovvero passare del tempo insieme, il più delle volte perfettamente vestiti e sorvegliati. O altre volte, si scappava, si faceva la fuitina e chi lo sa cosa accadeva nei campi o nei salotti o nelle cinquecento.
E non ho le lenti del bianco e nero o le argomentazioni della signora che aspetta la pensione e dice alla sua vicina di coda: “ah signora mia, era meglio quando era peggio”.
Non metto in dubbio che violenze, difficoltà, prevaricazioni ci fossero anche allora e che i problemi di coppia siano una realtà vecchia quanto la foglia di fico di Adamo ed Eva. (Che i problemi siano nati proprio con la foglia di fico?).   Continua a leggere