Le Ocarine

quando chi scrive è un'oca

Edward Hopper, Summer Evening, 1947

Dueoreventicinqueminuti

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Esemplificazione n.1 de “Lo svuota-tasche”

Musica consigliata: Beast of Burden, Rolling Stones o Tipitipitipso, Caterina Valente

Edward Hopper, Summer Evening, 1947

Edward Hopper, Summer Evening, 1947

Dueoreventicinqueminuti: l’ultima, l’ennesima, chat avuta in una calda sera d’estate e terminata nelle ore più buie della notte. L’aveva cercata Lui e avevano ripreso a conversare, come un brano che riparte dal ritornello dopo la pausa. Interruzione momentanea della parola o interruzione del silenzio.

Chiacchieravano di niente: musica, politica, vecchi ricordi, nuove storie. Una botta e risposta continua, un rimbeccarsi naturale, due comici appoggiati l’uno alla spalla dell’altra che saltano da un argomento a quello successivo seguendo le associazioni mentali personali o condivise. E alla fine tra proposte, complimenti, evasioni, allusioni e tempo passato senza concludere un discorso, a Lei rimaneva la voglia di continuare la conversazione, quindi di vedersi.

Da un anno continuava quella storia. Lui l’aveva approcciata per caso, tra tante. L’aveva fatta ridere e tenuta sveglia fino a tardi. Il giorno dopo Lei aveva deciso di incontrarlo per sfida rabbiosa contro gli eventi, per curiosità, per lancio nel vuoto. Seguirono altri incontri. Poi una fittissima corrispondenza fatta di email prima settimanali, poi giornaliere. Con il sole, con la neve. In Italia o all’estero. Alle 08:23 del mattino prima della doccia, come alle 01:17 come ultima email della giornata.

I tentativi fatti di interrompere quel dialogo erano stati almeno tre o quattro, ma come Lei scriveva “basta”, Lui rispondeva con una battuta e Lei ancora con un’altra a seguire. Quando Lei aveva bisogno di sfogarsi scriveva a Lui email piene di improperi contro la specie umana. Lo cercava per quella leggerezza di sostanza, non stupida, non banale, certamente bugiarda ed egoista, ma scarna, essenziale, maschile. Per quella risata che le scappava spesso in chat, per le parole che si montavano da sole nelle email, per la costruzione surreale dei loro scritti che non avevano un senso serio o rigoroso, se non la forma trovata per parlare.

E così, dopo l’ultimo “me ne vado e vedi di tacere se torno a scrivere”, Lei era tornata per farsi consolare. Avevano ripreso a chiacchierare e ora erano a pagina ventisette dell’ennesima email, il cui oggetto spiegava molto di quel loro “rapporto”. Autoironia, si leggeva prima dei rispettivi indirizzi email, da almeno ventisette pagine.

Cosa non andava in Lui? Era ammogliato e infedele da sempre e di certo Lei non voleva convertirlo ad un altro monoteismo di sottana.

Cosa non andava in Lei? Non era dato saperlo, visto che gli stava già scrivendo di nuovo, malgrado la cosciente pesantezza di quella corrispondenza, inutile come un bacio virtuale, utile come una spinta sull’altalena.

Autore: Le Ocarine

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